Il valore dei dati: trasformare l’illuminazione pubblica in driver per nuovi servizi

Intervista ad Arturo D’Atri, Direttore Sviluppo City Green Light

Di Emanuele Martinelli e Martina Ginasi

 

Nata nel 2017 dal conferimento del ramo d’azienda di Gemmo, City Green Light ha un animo da start up portando in dote 100 anni di esperienza. È questa l’identità che volete trasmettere agli operatori con cui vi relazionate?

È proprio questo il nostro punto di forza, siamo un’impresa in cui convivono due anime fortemente sinergiche: una che si distingue per la sua lunga esperienza e l’altra che ha invece portato una ventata di freschezza dando una nuova spinta al business e ai servizi per la PA.

Il nostro intento è quello di vedere l’illuminazione pubblica sotto una nuova veste, presentando un portafoglio di commesse importante, che ci ha consentito di sviluppare una relazione di alto livello con Enea. Ad oggi contiamo 650mila punti luce in gestione e siamo il primo operatore privato in Italia.

 

Referenze di qualità che hanno aperto un dialogo proficuo con Enea.

Il rapporto è iniziato con Gemmo, grazie a una partnership di tipo collaborativo durante lo sviluppo del Public Energy Living Lab, che oggi ci qualifica quali soggetti certificati PELL. Abbiamo lavorato insieme per testare la piattaforma che consente oggi alle amministrazioni comunali di recepire una serie di dati relativi ai propri consumi. La PA ha oggi la possibilità, grazie al PELL, di analizzare le informazioni ottenute dai dati raccolti dall’asset IP e gestire al meglio nuovi interventi e investimenti. La piattaforma è sempre più matura e inizia a dare i primi risultati concreti. Quella con Enea è una partnership sempre più sfidante che ci porterà a lavorare in ambiti orientati alla Smart City e non solo all’illuminazione pubblica.

Oggi abbiamo progetti avviati per 260mila punti convenzionati con Servizio Luce Consip che utilizza appunto il PELL. Siamo ancora all’inizio, ma già si capisce come la quantità e la qualità dei dati potrà andare a beneficio dei Comuni stessi, contribuendo alla trasformazione organica del territorio italiano in ottica Smart City e Smart Land.

 

Uno dei temi maggiormente dibattuti sta proprio nell’utilizzo dei big data, la cui trasformazione in “ricchezza” dipende anche da un cambio di paradigma nei processi e nelle competenze dei singoli operatori.

L’obiettivo di Enea con il PELL, che nel tempo ha subito una notevole evoluzione, è quello di estendere lo strumento anche agli edifici pubblici e all’ambito sanitario. In questo senso, parallelamente allo sviluppo del PELL, stiamo portando avanti con Enea l’Urban Check-up Model e la Smart City Platform. Nel primo caso si tratta di una piattaforma che permette di rilevare in modo puntuale e strutturato i bisogni dei soggetti pubblici, mentre la seconda ha l’obiettivo di rendere interoperabili i dati tra le varie piattaforme. Quest’ultimo è un punto dolente ed estremamente importante su cui giustamente Enea scommette, a fronte della disomogeneità che oggi caratterizza le diverse fonti di rilevamento dei dati stessi. Essere partner di Enea è per noi un privilegio, con l’obiettivo comune dell’utilizzo dei dati a beneficio dei cittadini e dell’intera collettività.

 

Tutto questo porterà a servizi sempre più evoluti, e di conseguenza a modelli di business non immaginabili fino a poco tempo fa.

Certamente non girerà tutto intorno all’efficienza portata dai led, un punto fermo e consolidato. Si tratta di un mercato che andrà a saturazione per cui saranno proprio i servizi attivati da una miglior conoscenza di asset e comportamenti dei cittadini a far evolvere il settore. Servizi Smart in grado di migliorare la qualità della vita delle persone, abilitati da tecnologie sempre più avanzate Pensiamo, per esempio, alla videosorveglianza, all’analisi degli assembramenti o alle informazioni relative alla disponibilità di parcheggi. Si tratta di un futuro già presente ma a macchia di leopardo che deve tradursi in sistema Paese con città sempre più avanzate.

 

Rispetto allo sviluppo tecnologico che approccio avete? Siete per certi versi un laboratorio di sperimentazione.

Ha detto bene, in qualità di System Integrator analizziamo e quindi implementiamo sul campo le migliori soluzioni al fine di applicarle alle diverse situazioni che le nostre città, spesso in modo disomogeneo, presentano. Per far questo puntiamo sulla crescita di competenze anche per l’evoluzione di una nostra piattaforma aperta, in grado di assorbire i dati che vengono prodotti a beneficio dei clienti. Ma sappiamo bene quanto le tecnologie non siano sufficienti; il nostro valore aggiunto infatti, e quindi la possibilità di crescita dell’azienda, sta nella profonda conoscenza del mondo pubblico, nella comprensione delle esigenze, delle procedure, dei passaggi burocratici che gli enti pubblici devono compiere per approvare determinati progetti.

 

L’innovazione deve servire a customizzare i servizi sul territorio in un’Italia che ha nella sua biodiversità uno dei valori principali. Quando si parla di dati significa anche porre le condizioni conoscitive per operare al meglio nello sviluppo di aree remote. Cosa ne pensa?

In Green City Light abbiamo la fortuna di lavorare all’interno di 14 regioni italiane, con oltre 140 comuni, in aree che vanno quindi dalla piccola cittadina alla grande metropoli. Nei comuni dove operiamo cerchiamo di mantenere attiva una massa critica che renda sostenibili gli investimenti, i project e altre forme di finanziamento sulle infrastrutture. Anche in questo caso le analisi costi-benefici sono il frutto di competenze da trasferire alle Pubbliche Amministrazioni per condividere progetti che siano sempre più solidi. Un tema che ben si declina con quello dei fondi europei, che sono sempre stati a disposizione ma di difficile accesso, soprattutto quando non si possiedono competenze specifiche per una buona progettazione. In questo senso è andato il nostro contributo a una serie di isole minori che hanno ottenuto finanziamenti per un bando del PNRR legato alla sostenibilità. Il nostro approccio non è stato quello di attendere la call, bensì abbiamo inviato a una serie di comuni, che sapevamo interessati, del materiale riguardante alcune applicazioni che avevamo sviluppato: strumenti che potevano aiutarli ad accedere ai fondi. Quando poi la call è uscita, ci siamo proposti di collaborare per l’ottenimento dei contributi, nonostante fossimo ben consapevoli che non necessariamente saremmo stati scelti come partner del progetto.

La filosofia di City Green Light sposa una visione di sistema. Con una condivisione di know how ed esperienze si aprirebbero più possibilità di accesso a fondi nazionali e comunitari, con la creazione di business e opportunità per tutti, agendo a beneficio della comunità.

Procedere secondo criteri di crescita sostenibile significa anche questo; un modo di pensare che secondo la nostra filosofia garantisce continuità nel tempo, senza dimenticare che l’impatto ambientale, quindi legato a migliori condizioni di vita delle comunità, vale oggi quello economico.

 

Torniamo al tema dei dati quale precondizione per sviluppare strumenti di analisi territoriali finalizzati agli interventi secondo una doppia prospettiva tattica e strategica.

Si, è la strada giusta per far crescere il Paese, per far evolvere il tessuto imprenditoriale locale e al tempo stesso le comunità di cittadini. Con PA e utility a fornire servizi che devono essere in grado anche di rivoluzionare i territori, come dovrebbe essere per esempio nelle periferie delle aree metropolitane.

La principale problematica dello sviluppo di Smart Services è rappresentata dall’infrastruttura di connettività. La transizione digitale è fondamentale a ogni livello, perché cambia l’approccio culturale ai problemi, fornisce strumenti totalmente di rottura rispetto al passato. È scontato dire che i servizi di connettività portano una mole di dati che, senza una struttura a banda ultra-larga, difficilmente possono essere trasferiti e trasformati in informazioni. Torniamo sempre al cuore della questione.

 

Quale la vostra valutazione del rapporto con Consip?

Consip è uno strumento che utilizziamo e che ha contribuito alla crescita delle infrastrutture di pubblica illuminazione in Italia. Abbiamo peraltro riscontrato una costante evoluzione del servizio ma servirà presto un ulteriore passo se vorrà rimanere un mezzo utile anche oltre lo sviluppo efficiente dell’illuminazione pubblica. Oggi parliamo di servizi integrati in grado di dialogare grazie a piattaforme interoperabili:  è questo il primo obiettivo che anche Consip dovrà raggiungere.

Per ora la collaborazione è ancora centrata sull’illuminotecnica, ma la sfida è quella di operare in modo intelligente sull’intero asset senza dover nuovamente pagare la quota per l’investimento che solitamente è compresa nel canone. Un capitale che dovrebbe quindi essere reinvestito in infrastrutture per connettività e servizi Smart, in grado di generare reddito alla collettività sia in un’ottica b2b che b2c.