Nell’ambito degli incontri con l’Osservatorio sulle Comunità Energetiche è emersa più volte l’esigenza di rendere maggiormente “bancabili” (e, dunque, finanziabili) i progetti di investimento legati agli impianti che producono energia da fonte rinnovabile che, ai sensi della normativa sulle Comunità di Energia Rinnovabile (CER) possono contribuire affinché l’ente costituito possa accedere agli incentivi previsti dal Gestore dei Servizi Energetici.
Tra le varie modalità di finanziamento dell’impianto diversi operatori membri dell’Osservatorio hanno comunicato l’avvio di progetti di finanziamento mediante crowdfunding.
Il crowdfunding è una modalità di raccolta di denaro per finanziare progetti e imprese. Esso consente ai fundraiser di raccogliere denaro da un gran numero di persone attraverso piattaforme online.
In particolare, per “crowdfunding” si intende il processo con cui un gruppo di persone (“folla” o “crowd”) contribuisce con somme di denaro (“funding”), anche di modesta entità, al finanziamento di un progetto imprenditoriale o di iniziative di diverso genere utilizzando siti internet (“piattaforme” o “portali”) e ricevendo talvolta in cambio una ricompensa.
Tra le principali tipologie di crowdfunding, vi è “l’equity crowdfunding”, che consiste nella vendita di azioni di un’impresa a diversi investitori in cambio del loro investimento. Quella del finanziamento azionario è una pratica ben radicata e il private equity, il venture capital e gli investitori informali (angels) svolgono da tempo un ruolo importante nello sviluppo delle imprese. La principale differenza tra l’equity crowdfunding e questi modelli tradizionali è che invece di instaurare un rapporto uno ad uno, esso è aperto ad un’ampia gamma di investitori potenziali, alcuni dei quali potrebbero essere anche attuali o futuri clienti. L’equity crowdfunding funziona facendo incontrare le imprese con i potenziali investitori informali tramite una piattaforma online.
Tale fenomeno non è soggetto a regolamentazione nella maggior parte dei Paesi, essendo considerato parte di istituti già esistenti, come ad esempio l’appello al pubblico risparmio.
Tuttavia, l’Italia è stato il primo Paese in Europa ad essersi dotato di una normativa specifica e organica relativa al solo equity crowdfunding. Le ragioni che sottendono una tale scelta risiedono nella particolarità del tessuto produttivo italiano, basato soprattutto sulle piccole imprese che, in particolar modo a seguito della crisi del 2008, faticano ad ottenere finanziamenti dalle banche.
In particolare, inizialmente la normativa di riferimento era il D.L. n. 179 del 2012 (il cosiddetto “Decreto Crescita bis”) che, però, consentiva il ricorso al crowdfunding alle sole start-up innovative. In seguito, con il D.L. n. 50 del 2017, è stata estesa l’applicazione di questo istituto a tutte le piccole e medie imprese. Tali Decreti hanno poi delegato alla CONSOB (“Commissione Nazionale per le Società e la Borsa”) il compito di disciplinare alcuni aspetti specifici del fenomeno con l’obiettivo di creare un “ambiente” affidabile, cioè in grado di creare fiducia negli investitori. In tal senso, la CONSOB ha provveduto ad emanare il Regolamento adottato con delibera n. 18592 del 2013, aggiornato poi con una serie di modifiche giunte sino alla delibera n. 21259 del 2020. Soltanto di recente, però, anche l’UE ha deciso di regolare il fenomeno tramite il Reg. UE n. 1503 del 2020, attuato, in Italia, dal Regolamento CONSOB adottato con delibera n. 22720 del 2023.
Ai sensi della normativa vigente, le imprese che, tramite il crowdfunding, possono raccogliere capitali di rischio sono denominate “offerenti”, perché effettuano tale raccolta attraverso un’offerta al pubblico presentata per mezzo di un portale di crowdfunding.
È importante sottolineare che è sempre consentito presentare un’offerta sul portale, a patto che lo statuto o l’atto costitutivo dell’offerente preveda:
1) in caso di offerte aventi ad oggetto azioni o quote rappresentative del capitale sociale (equity crowdfunding), il diritto di recesso dalla società ovvero il diritto di co-vendita delle proprie partecipazioni ovvero clausole che attribuiscano un analogo diritto a cedere le proprie partecipazioni, nonché le relative modalità e condizioni di esercizio nel caso in cui i soci di controllo, successivamente all’offerta, trasferiscano direttamente o indirettamente il controllo a terzi, in favore degli investitori diversi dagli investitori professionali che abbiano acquistato o sottoscritto strumenti finanziari offerti tramite portale. Tali diritti sono riconosciuti per almeno tre anni dalla conclusione dell’offerta;
2) la comunicazione alla società nonché la pubblicazione dei patti parasociali nel sito internet della società per garantire la massima trasparenza.
Tra le figure che possono assumere la qualifica di “offerente” sono presenti le piccole e medie imprese, organizzate in forma di società di capitali (s.r.l., s.p.a., o s.a.p.a.) o di società cooperativa.
Come conseguenza, dunque, nel caso delle CER, l’equity crowdfunding può rappresentare un’importante opportunità per finanziare la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, consentendo agli investitori di ottenere quote della società che detengono gli impianti che poi possono essere messi a disposizione delle comunità di energia rinnovabile con il ruolo di “produttore terzo”.