Il problema dei mezzi pubblici è uno dei dibattiti più accesi soprattutto nell’ultimo periodo, così Tommaso Gecchelin, fisico 34enne padovano ha cercato una soluzione innovativa per risolvere questo problema. Immaginate uno scompartimento, a metà tra il vagone di una metro e la cabina di una funivia, capace di agganciarsi in corsa ad un altro, caricare i passeggeri nel numero esatto disponibile e poi togliersi dalla strada. Il progetto ha preso il via nella Silicon Valley californiana, dove Gecchelin ha fondato la Next Future Transportation Inc, con un team composto da italiani formati all’Università di Padova, rendendo la città veneta pioniera delle nuove frontiere della mobilità locale grazie ad una serie di iniziative smart.
Proprio osservando il traffico e l’utilizzo dei mezzi pubblici Gecchelin ha avuto questa intuizione: i mezzi semivuoti complicano manovre e inversioni, in particolare le ultime tratte, alla partenza e al capolinea si fanno con pochi passeggeri a bordo e spesso osserviamo i mezzi pubblici in coda uno dietro l’altro con pochissime persone a bordo. Questa nuova tecnologia permette a queste carrozze veloci di agganciarsi in movimento, come calamite, quando si trovano lungo lo stesso tragitto, allineandosi le porte si aprono e gli scompartimenti diventano comunicanti tra loro, rendendolo quindi un unico veicolo. La gente sale e il modulo vuoto si stacca sgombrando la carreggiata.
Da questo deriveranno strade più libere, viaggiatori più comodi e vantaggi anche per l’ambiente, l’aria sarà infatti meno inquinata.
Inoltre la riconversione a questa tecnologia all’avanguardia non sarebbe nemmeno così onerosa per le aziende di trasporto pubblico. Non è infatti necessaria una sostituzione complessiva, l’obiettivo è creare un prodotto scalabile, che sia modulabile in base alle contingenze. All’inizio si potranno quindi coprire brevi tragitti. Il valore aggiunto di questa tecnologia sta proprio nella modularità, un sistema modificabile di ora in ora.
Gecchelin riporta che la NY University ha certificato che questo sistema, rispetto a Uber, riduce di un terzo la distanza totale percorsa per trasportare lo stesso numero di persone, che altrimenti avrebbe usato più mezzi per arrivare alla stessa meta. In sostanza quindi invece che mille chilometri ne percorrono trecento, la flotta invecchia in proporzione quindi di un terzo. Un bus elettrico da 50 posti costa mezzo milione di euro, la nuova cabina porta 10 persone e viene circa 100mila euro.
Gecchelin continua sostenendo che i clienti effettivi per ora sono solo le città di Dubai e di Padova, sono stati contattati anche da Treviso, Piacenza e Genova. Anche Milano si è mossa ma privatamente e non pubblicamente. Nell’ultimo anno l’interesse sta aumentando anche in Italia, grazie a Padova che ha fatto da apripista a causa del suo elevato livello di inquinamento, il progetto è però ancora in fase amministrativo-burocratica, che in Italia risulta molto più complicata che all’estero a causa delle limitazioni legate alla guida autonoma.
Inoltre anche i problemi relativi alla ricarica sono stati risolti, la ricarica tradizionale infatti creava problemi alla rete elettrica, in quanto non sopportava ricariche veloci e multiple, ora invece è stato creato un cassetto dove c’è una batteria sostituibile in 30 secondi con un transpallet e dunque ricaricabile lentamente, senza creare picchi di consumo insostenibili dall’attuale infrastruttura.
L’idea è quindi estremamente all’avanguardia, non ci resta che aspettare.