CRIET ed ENEA per far crescere Smart City e Smart Land

Intervista ad Angelo Di Gregorio, Professore Ordinario di Management e Direttore CRIET – Università degli Studi di Milano-Bicocca 

Di Martina Ginasi, Energia Media

 

Professor Di Gregorio, possiamo ripercorrere brevemente i passi che hanno contraddistinto l’evoluzione del rapporto con Enea in questi anni?

Certamente. Il CRIET, Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio, vanta un rapporto con Enea da oltre dieci anni fa. La collaborazione è stata estremamente proficua, ha permesso una straordinaria crescita e maturazione ad entrambi gli enti ed è stata l’opportunità di acquisire nuove conoscenze.

La prima fase possiamo definirla pioneristica, siamo infatti stati i primi in Italia ad affrontare su basi scientifiche il necessario cambiamento nella Pubblica Amministrazione, prendendo in esame in particolare la necessità di efficientare le infrastrutture partendo dall’illuminazione pubblica.

Enea in questo caso aveva già assunto un ruolo di guida nella gestione di questo rapporto: il gruppo, formato da Mauro Annunziato, Nicoletta Gozo, Giuseppina Giuliani, Laura Blaso e Stefano Pizzuti, aveva dato il via al Progetto Lumière e noi siamo stati tra i primi ad aderire con entusiasmo a questa iniziativa.

 

Che ruolo avete ricoperto?

Il nostro compito, in una prima fase, si è concentrato sull’attività di ricerca, volta a mettere a punto modelli di sintesi per una valutazione di impatto delle azioni di efficientamento nell’illuminazione pubblica. In un secondo momento invece si sono aggiunti compiti di analisi economico giuridiche con riferimento ad attività amministrative, non proprio banali se si parla di PA; quando si parla infatti di investimenti che entrano nel campo dei servizi infrastrutturali le complessità in tal senso sono notoriamente estremamente elevate.

Il rapporto dialettico e la riflessione con Enea ci ha spinto verso una serie di attività sul campo, a fronte di un quesito che andava affrontato in modo prioritario: l’efficientamento energetico sull’illuminazione pubblica ha sicuramente dei benefici a livello teorico, ma a livello pratico?

Per rispondere al quesito ci siamo mossi lungo due direttrici: da un lato aggregare una serie di comuni con tutti i vantaggi di scala che derivano dall’unione stessa; e dall’altro ci siamo mossi nella direzione di supportare i comuni stessi nelle attività di efficientamento energetico sulla base di un approccio che fosse finalizzato ad apportare il massimo beneficio possibile in termini di risparmio economico.

Con diverse difficoltà abbiamo aggregato reti di comuni che coprono circa 1/3 della popolazione della Brianza. Questo ha significato poter formulare proposte concrete sul territorio, progetti che nel tempo abbiamo portato a gara per l’assegnazione dell’individuazione del progettista. Gara basate sul criterio della delega di funzioni dei comuni a un capofila, secondo modalità più snelle e meno onerose per la PA; solo in un secondo momento si è svolta la gara per individuare invece la Esco che realizzasse i lavori.

Si è trattata di un’attività che ci ha permesso di mettere in pratica tante conoscenze che fino a quel momento erano state affrontate solo a livello teorico; è emerso chiaramente quanto il concetto di rete sia complesso da attuare, per cui è stato articolato comprendere le corrette dinamiche per non bloccare i processi.

La gara è stata conclusa e il progetto è andato in porto. L’esperienza nel complesso ha permesso di fotografare luci e ombre, confermando la necessità di procedere anche in futuro con aggregazioni tra comuni pur registrandone le molteplici complessità.

 

In quel caso l’infrastruttura IP è divenuta chiave d’accesso per l’implementazione di altri servizi?

Il potenziale in tal senso c’è tutto anche se si tratta di un tema non ancora pienamente sviluppato. Dobbiamo considerare che solo oggi avvertiamo una diversa percezione da parte degli Amministratori per quanto riguarda nuovi modelli per lo sviluppo di infrastrutture pubbliche; sono state utili le esperienze messe in campo che consentiranno da ora in poi di accorciare notevolmente alcuni processi. Il principio di replicabilità sarà in questo contesto assolutamente da considerare e per questo serve un grande lavoro di disseminazione che possa raggiungere anche (soprattutto) il personale tecnico dei Comuni oltre che gli organi politici. La nostra collaborazione con Enea, estremamente proficua, è quindi iniziata con l’illuminazione pubblica declinandosi poi su ambiti trasversali che sempre più connoteranno Smart City e Smart Land. Tema affascinante e interessanti per un futuro che è arrivato, perfettamente in linea con la digitalizzazione della società nel suo complesso, che ha comportato non solo un passaggio di livello per alcune procedure, ma anche l’apertura a tecnologie – penso per esempio alla sensoristica – che permette già di creare dei data link sui quali si potranno implementare attività a valore aggiunto, a favore di cittadini, imprese e della stessa PA. Per quanto concerne la nostra attività all’interno del CRIET siamo giunti a una fase più operativa, dove abbiamo svolto ricognizioni delle tecnologie Smart che potranno essere implementate e delle condizioni organizzative che si potranno realizzare sui territori. Attività di ricerca poi confluite, con il supporto di Enea, in progetti di rilievo come quello di Livorno.

Abbiamo dunque svolto una serie di studi sui contenuti tecnologici della Smart City e sulle condizioni di operatività di quest’ultime, a partire dall’ambito giuridico; pensiamo al codice degli appalti in riferimento a un contesto certamente sovra strutturato, con tutta la necessità di fare chiarezza su molti punti. Il nostro contributo al Paese sarà la creazione di uno specifico Osservatorio denominato Italy Smart Hub, che offrirà numerosi servizi, oltre a corsi di formazione post laurea. A giorni sarà on line sulla piattaforma https://b4m.unimib.it/ un corso, tutto in video lezioni, proprio per lo sviluppo dei partenariati pubblico-privato.

 

Livorno ha confermato criticità e potenzialità di quanto avevate previsto in sede di analisi?

L’esperienza di Livorno ha rafforzato l’idea che i problemi sempre meno siano di ordine tecnologico e che la complessità si collochi soprattutto a livello organizzativo e gestionale; forse è ridondante, ma è bene riaffermare che le criticità legate all’introduzione di innovazione (nei processi e nelle infrastrutture) sono di spesso di ordine burocratico-amministrativo più che tecnico. Il contributo che stiamo dando va dunque in questa direzione, supportando Enea nella definizione di linee guida, insieme, come detto sopra, alla creazione di progetti formativi e che cureremo anche all’interno dell’Osservatorio Italy Smart Hub.

 

I dati trasformati in informazioni aiuterebbero la PA ad una governance evoluta, grazie anche alla dotazione di strumenti adeguati; quanto siamo lontani perché questo principio diventi “normalità”?

Il problema va affrontato facendo un piccolo passo indietro sul significato stesso di Smart City; se intesa in relazione a grandi realtà urbane, i progetti che sottendono sono numerosi e in prima battuta riguarda l’evoluzione di servizi obsoleti che ricadono sempre sotto l’ombrello del pubblico. Ma restando sempre sui grandi centri urbani questo principio deve essere ampliato e in prospettiva, se si crede davvero in processi innovativi, si dovrà ragionare secondo una logica di Partnerariato Pubblico Privato, con un’apertura all’esterno che presuppone sia un cambio culturale che una semplificazione nelle regole.

Per i piccoli comuni il discorso è diverso, spesso il rapporto è con Esco che pensano al progetto e accompagnano il comune nella sua realizzazione, ove fosse necessario.

Per quanto riguarda invece il tema dei dati credo che non si possa fare un unico “discorso”. Alcune basi dati per la loro natura rimarranno appannaggio di una specifica destinazione e quindi non sarà utile renderli pubblici. Altre basi di dati saranno talmente ampie (si pensi ad esempio alle centraline per il monitoraggio ambientale) che senza una preventiva elaborazione che trasformi il dato grezzo in informazioni non saranno intellegibili. In generale emerge il ruolo del soggetto pubblico quale garante non solo della privacy, ma anche della messa a sistema delle informazioni (e non solo dei dati grezzi) affinché possano essere utili anche per nuovi scopi rispetto a quelli per i quali sono stati rilevati.

La PA in definitiva deve rendersi responsabile della gestione dei dati e delle informazioni, sempre con l’obiettivo di migliorare i servizi e quindi la qualità di vita dei cittadini.

 

Il ruolo del centro studi in affiancamento diretto alla PA diventa fondamentale.

Certamente si può intervenire su più fronti; ad esempio l’aspetto tecnologico dell’interoperabilità sulla base dei protocolli di comunicazione dei dati è un primo problema di tipo informatico su cui intervenire. Ma ancor più incisiva la nostra azione è sul supporto alle scelte che in parte sarà di natura tecnico-manageriale e in parte di governance dell’organizzazione, che va guidata e fatta crescere anche con adeguati percorsi culturali su cui affiancare la PA.

Mi sento di dire che con Enea stiamo scrivendo una storia di successo, che riguarda le Smart City su cui c’è davvero molto da fare, con la creazione in primis di modelli e di modalità operative, integrando tematiche come la mobilità, l’energia, l’ambiente e l’economia circolare.

 

CRIET richiama direttamente al concetto di territorio. Avete la Smart Land nel DNA.

È vero e si tratta di un ambito complesso, dove dalla modellizzazione si passa a un concetto di personalizzazione, di specificità territoriali su cui il Paese ha ancora molto da realizzare. Anche in questo caso il problema è profondamente culturale, e se gli amministratori vorranno creare sistemi che funzionino allora dovranno affrontare la complessità pensando di portare risultati grazie a un deciso cambio di mentalità. È importante che da una giunta all’altra vi sia dialogo, passaggio di consegne, volontà di travasare esperienze, consapevolezza che serva massa critica per attrarre progettualità e investimenti.

 

È già possibile fornire strumenti di adeguate analisi costi-benefici?

Si, e si tratta di un punto estremamente importante. Si possono compiere dei primi check up ad un livello standard, per una sorta di primo feedback, com’è stato fatto per l’illuminazione pubblica circa dieci anni fa. Dotarsi degli strumenti per farsi un’idea generale sul risultato di un’eventuale operazione è già efficientare. Si tratta di tool utili per prime verifiche, sono tool anche di formazione, che permettono a chi dovrà gestire i servizi all’interno del Comune, di formarsi un primo quadro generale dei problemi da affrontare.

Non si deve tuttavia attribuire ad uno specifico tool la responsabilità di risolvere problematiche. Spesso infatti si incorre nell’errore che lo strumento di analisi si possa sostituire al decisore e più si utilizzano sistemi costosi più le aspettative crescono, ma si tratta di una convinzione errata. È la Governance del soggetto pubblico che deve assumersi la responsabilità di determinate scelte. Il nostro ruolo è di affiancamento a chi lo richiede. Purtroppo molti Comuni a oggi non sono consapevoli della necessità del dialogo anche con altri soggetti pubblici e/o i centri di ricerca. Forse non sono in grado di comprendere i bisogni per rendere i propri territori attrattivi. Quando saranno pronti noi saremo a disposizione.