Public Energy Living Lab: un upgrade strategico al servizio delle Pubbliche Amministrazioni

Pensare in modo strategico per riprogettare città e territori con l’aiuto dei dati. Intervista all’architetto Margherita Suss, Studio Associato GMS

Di Emanuele Martinelli

 

Architetto, il coinvolgimento del suo studio nella definizione della piattaforma PELL – Public Energy Living Lab – di Enea ha aperto il fronte a una riflessione complessiva sul rapporto tra progettazione e nuovi strumenti digitali. Con l’impegno comune di fornire alle Pubbliche Amministrazioni competenze adeguate per una diversa governance delle infrastrutture, a partire dall’illuminazione pubblica.

Quando si è dato il via alla piattaforma pensavamo, e devo dire correttamente, che censire l’infrastruttura pubblica per una miglior conoscenza del parco d’illuminazione all’interno di un contesto urbano, potesse essere la base e la conditio per comprendere i margini di sviluppo e di miglioramento della rete, attraverso una corretta riqualificazione. Ci siamo dunque mossi all’interno del progetto Lumière di Enea – che ha appunto l’obiettivo di avviare una riorganizzazione del processo gestionale del servizio di pubblica illuminazione – avendo conferma piena del fatto che senza una conoscenza accurata degli impianti sarebbe stato impossibile pianificare gli interventi, comprendere le priorità, determinare i punti d’implementazione e di valorizzazione dell’asset. Un approccio alla progettazione basata dunque su conoscenze trasversali reali; per attuare interventi più qualificanti e aderenti alle esigenze stringenti o alle necessità anche culturali e turistiche di un certo luogo.

Il PELL è andato oltre le aspettative perché ha incentivato le amministrazioni a guardarsi dentro in modo nuovo e secondo una semplice, ma non scontata, considerazione: “mi piacerebbe riqualificare il mio territorio ma devo farlo con cognizione di causa, magari mettendo in rete questa conoscenza a beneficio di altri operatori.”

 

Il contesto culturale cui far crescere tecnici e organi politici della PA è oggi un tema centrale.

È così, e il fatto di diventare essi stessi detentori di conoscenza e di non lasciarla nelle uniche  mani del gestore di passaggio sta cambiando nettamente l’approccio verso il patrimonio stesso che ogni comune detiene. La piattaforma PELL sicuramente favorisce questa conoscenza infrastrutturale condivisa, che può essere messa a sistema anche con altre peculiarità territoriali; la rivoluzione avviata sta proprio qui, nella futura integrazione di dati ricavati da più asset. L’evoluzione del progetto, che si è tradotta per Enea nell’importante collaborazione con Agid, ha messo un focus sul tema digitalizzazione di città e territori, per attingere a diverse tipologie di dati e informazioni, derivate da fonti pubbliche ma pure private, in un partenariato con utility e imprese che dovrà diventare sempre più virtuoso.

Conoscenza e qualità dell’informazione che sta dunque alla base di ogni intervento, attingendo per esempio da sistemi di georeferenziazione che consentano di avere dati sul passaggio di altre reti nei cavidotti da cui attinge energia l’impianto di illuminazione pubblica, al fine di sfruttare al meglio l’esistente. Da questo approccio partono corrette analisi costi benefici degli interventi, così come si dà concretezza a concetti di economia circolare per valutare quanto alcune opere siano inutili o si possano evitare; che non riguardano solo l‘introduzione di soluzioni che diano risultati energeticamente più favorevoli – chiave d’accesso o di partenza – ma aiutino a sviluppare tutte le potenzialità di un asset, quello dell’illuminazione nel nostro caso, divenuto nel tempo sempre più strategico.

 

Una diversa visione che apre un nuovo discorso sull’implementazione di servizi utili ai cittadini, oltre che virtuosi per gestori e amministrazioni. Anche su questo fronte il PELL ha un suo peso specifico?

Aderire al PELL non è necessario per la progettazione, perché per un professionista è già consuetudine presentare un progetto su un territorio conoscendo una serie di dati di partenza. Il PELL porta a sviluppare una visione olistica del contesto e degli asset, aiuta a mettere a sistema i dati relativi a un’infrastruttura, alla situazione impiantistica, fornendo elementi di priorità o evidenziando i buchi informativi; mettendo in luce peraltro le difficoltà poste dalla burocrazia nella gestione del processo. Per sedersi a questo tavolo costituito da Enea servono si competenze ma soprattutto apertura mentale e un diverso approccio culturale.

 

Ha toccato il tema della burocrazia, delle autorizzazioni, quindi degli ingranaggi critici (a dir poco) che spesso oggi frenano lo sviluppo.

L’aspetto della lunghezza dei tempi per l’acquisizione di informazioni per esempio, non è preso sufficientemente sul serio; si tratta di un tempo che nessuno ti riconosce sotto il profilo economico, per cui il censimento necessario per una buona progettazione determina un monte ore che aggrava i costi in modo esorbitante, costi che nessuno riconosce. Si tratta di un nodo molto importante e la necessità posta dal PELL a questo proposito mi dice che si tratti di uno strumento che dovrebbe essere incentivato economicamente dalle istituzioni. Oggi che si parla, spesso in modo superficiale, di digitalizzazione del territorio gli strumenti adatti per perseguire questo obiettivo – e il PELL è fra questi – dovrebbero essere sostenuti a livello centrale. Altrimenti la piattaforma diventa per una società privata un investimento che solo in pochi sono in grado di attuare; si tratta di un problema che può frenare se non fermare il processo di digitalizzazione degli asset, bisogna esserne consapevoli. Per il nostro studio comprendere e utilizzare la piattaforma PELL ha aperto culturalmente nuovi mondi, facendoci ben comprendere cosa significhi condivisione dei dati; grazie a Enea la parola “dato” è entrata nel sistema della progettazione illuminotecnica, prima era un argomento che ciascuno faceva suo a seconda della propria sensibilità. Oggi la cultura del dato è diventata centrale per l’utilizzo di più strumenti di gestione e governance dei processi.

 

Alcuni strumenti che richiamano alla digitalizzazione come gli Smart Meter hanno senso dal punto di vista economico solo se vanno a incentivare servizi diversi e integrati.

Lo Smart Metering è uno strumento fondamentale di conoscenza, per il gestore e per il cittadino; ma è la progettazione che conta. Stiamo parlando di un upgrade strategico, di strumenti che rispondano a un approccio olistico, in grado di integrare dati su illuminazione, mobilità, sostenibilità, circolarità, fruizione e sviluppo anche prospettico del territorio.

Un approccio da proporre ad amministrazioni illuminate, che non hanno paura di una visione a lungo termine che superi il loro mandato, che guardino strategicamente alle possibilità di territorio spesso sofferenti. La raccolta e l’utilizzo di dati senza questo presupposto contribuirà a realizzare piccoli interventi che non lasceranno traccia; magari ci sarà qualche servizio intelligente integrato alla riqualificazione a LED degli impianti a favore di un consenso a breve della politica. Ma nulla più. IL PELL è una chiave d’accesso che va compreso nella sua ricchezza. Il mio compito di progettista deve esser sempre più quello di affiancare le amministrazioni per supportare piani strategici e non tattici. Un piano d’intervento sull’illuminazione che favorisca soltanto determinati asset e non prenda in considerazione le ricadute su altri sistemi – che sono quelli della socialità e della fruizione di luoghi per esempio – devono costituire la centralità del progetto di intervento. Un piano di illuminazione fatto senza una suddivisione precisa di tematiche che devono essere assolte in un mondo che sta accelerando velocemente, con uno sguardo che prima di tutto è culturale, non cambierà certamente le nostre città o i nostri territori.

 

Che ritorni ha dalle PA a cui parla in questi termini? Che sensibilità avverte? Crede che si possa cambiare in tempi rapidi anche la cultura tecnica all’interno della PA?

Anche a fronte della progettazione utile per ricevere i finanziamenti del Recovery Fund mi auguro vi sia un’accelerazione da parte della PA nel comprendere come sia fondamentale far crescere competenze e capacità di analisi strategiche. Spesso è più facile affidarsi a una Esco in modo acritico. Energy Service Company anch’esse chiamate a un cambio di paradigma, a riorganizzarsi andando incontro a una comprensione piena di cosa significhi digitalizzazione e utilizzo dei dati. Un fatto che desta molte preoccupazioni in termini d’investimento, perché a oggi accessibile solo a Esco di grandi dimensioni.

All’interno del mio studio oggi crescono laureati in informatica, economia, ingegneria gestionale che ben si armonizzano con il nostro lavoro di architetti progettisti. Al centro di tutto c’è il ritorno allo studio, all’approfondimento, alla passione per più discipline, alla conoscenza che ti apra le porte a una visione in grado di dare concretezza alle aspirazioni di città e territori, ottemperando al tempo stesso, come detto, una capacità di orientamento strategico. Digitalizzazione porta connaturato con sé il concetto di collaborazione; per questo il dialogo è aperto con tutti gli stakeholder, con le utility in particolare, divenute per noi interlocutrici privilegiate soprattutto quando si deve ragionare sui dati ricavati a fronte di servizi di pubblica utilità. Le utility hanno capacità d’investimento notevoli e sono state in grado negli ultimi anni di trasformare le proprie compagini con l’introduzione di nuove figure professionali. Quando il dialogo trova le adeguate competenze diventa realmente fertile e su questo il nostro studio si sta misurando con grande soddisfazione con più soggetti, di diverse dimensioni, su molteplici territori.

 

Un commento sul Recovery Fund è doveroso; stiamo entrando nella fase attuativa che siamo certi impatterà notevolmente sulla vostra attività.

Mi auspico davvero che tutte le risorse messe a disposizione vengano utilizzate incentivando gli operatori e gli stakeholder preposti allo sviluppo di contesti urbani e territoriali a lavorare in modo condiviso, per aprire nel nostro Paese un capitolo nuovo. Con Enea lavoreremo per dare strumenti alle PA, linee guida in grado di traghettarci in modo reale verso Smart City e Smart Land. Ma serve un salto culturale che le risorse del Recovery Fund possono attivare. Per dare le stesse opportunità di sviluppo a città e aree remote, ognuna con la propria vocazione cultura e bellezza, serve concepirsi come reti umane capaci di competenze e visione. Mettere finalmente a sistema, collaborare in modo intelligente, fare analisi per capire dove traghettare nei prossimi 30 anni borghi turistici, città del sud o contesti industriali. Noi ci siamo messi a disposizione affiancando l’egregio lavoro portato avanti da Enea; ora ci aspettiamo che le istituzioni centrali si muovono secondo una chiara strategia Paese, che deve riconoscere sempre l’indispensabilità del “valore cultura” rispetto a qualsivoglia approccio innovativo.