SmartItaly Goal e Urban check-up model

DA ENEA DUE NUOVI STRUMENTI OPERATIVI AL SERVIZIO DELLE AMMINISTRAZIONI

“SmartItaly Goal” avviato di recente in collaborazione con Energia Media si inserisce all’interno del progetto Es-Pa ed è volto a identificare nuovi percorsi di riorganizzazione, trasformazione e innovazione degli attuali processi gestionali delle infrastrutture pubbliche, strategiche per lo sviluppo in chiave smart di città, territori e servizi. L’Urban check-up model, sviluppato insieme al Centro Smarter dell’Università dell’Insubria, vuole porsi come strumento operativo che permetterà ai Comuni di avere una fotografia dinamica del territorio in un preciso momento in termini di infrastrutture e di loro criticità, peculiarità, punti di forza/debolezza e possibilità di intervento.
Ma come sono strutturate le due iniziative, a chi si rivolgono e come funzionano? Ci spiega tutto Nicoletta Gozo, Sviluppatrice e coordinatrice di progetti per il miglioramento della gestione energetica del territorio di Enea.

 

Cos’è SmartItaly Goal? Quali le funzioni e gli obiettivi che questo progetto propone?
Si tratta di un progetto che Enea ha deciso di lanciare con l’obiettivo di sviluppare una strategia nazionale per le smart city. Questo, in concreto, significa creare un percorso che faciliti la pubblica amministrazione nel passaggio da una fase puramente teorica a una più pratica, ossia nel rendere il proprio Comune smart a tutti gli effetti.
Ma cosa intendiamo oggi con il concetto di città intelligente? Una città o un Comune possono essere definiti smart se rispondono a due requisiti: essere intelligenti per i cittadini che vi abitano ed essere smart per gli amministratori che la gestiscono, in pratica essere all’avanguardia in un preciso momento storico. Una smart city a tutti gli effetti risponde quindi alle esigenze dei propri cittadini, sia per quanto riguarda il contesto territoriale che per quello urbano in una determinata sfera temporale.
Ci riferiamo quindi a un’intelligenza in continuo mutamento; pensiamo ad esempio a come può essere riqualificato un quartiere che ospita per lo più persone anziane, proprio in funzione di questo dato anagrafico. Oppure a un’area industriale che viene trasformata in un quartiere per studenti, le esigenze di quest’area si modificano radicalmente a fronte del dato relativo al tipo di popolazione che vi abita; così un quartiere prima vissuto quasi totalmente di giorno si trasforma in un un’area animata 24 ore su 24 prevalentemente da giovani, quindi i servizi e le infrastrutture andranno adattate alle nuove esigenze.
Pertanto la trasformazione di un quartiere e la possibilità di renderlo intelligente non ha un legame esclusivo con le specifiche tecnologie installate, la sua reale resa smart deriva dalla sinergia tra molteplici tecnologie e tra i servizi specifici idonei offerti alle persone che in quel quartiere vi abitano, soggetti che devono essere in grado di utilizzare quei servizi così come gli amministratori devono essere in grado di gestirli.
Questo è un altro punto fondamentale, installare una tecnologia che poi non viene utilizzata dagli utenti o che il Comune non è in grado di gestire risulta completamente inutile. Un esempio diretto ed eclatante mi è capitato a Londra dove le fermate degli autobus sono dotate di un sistema che permette di inserire la destinazione da raggiungere e il mezzo con cui si preferisce viaggiare. Questo sistema calcola il percorso più breve e le varie soluzioni che si prospettano, quindi mezzi, tragitto e quant’altro. Una tecnologia e un servizio estremamente smart ma, nel mio caso completamente inutile, non essendo in grado di sfruttarla.
Il processo di acculturamento in direzione smart deve essere quindi parallelo e svilupparsi su più fronti. La tecnologia è intelligente perché parte dal dato, la smart city trova la sua origine e la sua soluzione nel dato e nella conoscenza.
SmartItaly Goal è quindi un progetto che punta a sviluppare una strategia nazionale in grado di guidare la transizione verso la smart city e soprattutto di promuovere un’innovazione nei processi gestionali urbani, gestendo in modalità smart le infrastrutture legate ai servizi. Si creeranno inevitabilmente dei modelli innovativi e, proprio da questo e per questo, deve essere avviata una vera e propria rivoluzione culturale. La smart city nasce da un’evoluzione tecnologica che permette di reperire una serie di dati, che elaborati e trasformati in informazioni, consentono di offrire nuovi servizi. Combinando le soluzioni digitali e il dato si arriva a capire come è meglio intervenire e dove sono necessarie azioni di efficientamento.
Facciamo un banale esempio. Poniamo di avere uno strumento che ci fornisce un dato in base al quale emerge che un marciapiede è percorso da un numero elevato di pedoni in alcuni momenti della giornata, a fronte di questa informazione sarà possibile intervenire sull’illuminazione rendendo il percorso più luminoso solo nel momento del passaggio, dunque maggiore illuminazione ma solo quando serve; in questo caso efficientare significa diminuire lo spreco e potenziare il servizio all’occorrenza. Interventi come questo sono tuttavia possibili solo a fronte dal dato sul flusso dei pedoni in quella zona in una determinata ora, quindi solo partendo da uno strumento e da una tecnologia che mi permetta di avere a disposizione questa rilevazione.
Proprio questo è l’obiettivo di SmartItaly Goal, sviluppare una strategia nazionale che faciliti il passaggio anche culturale, dalla semplice città a una città intelligente, una strategia che mi consenta soprattutto di innovare i processi gestionali dei contesti urbani e territoriali. Ciò significa cambiare le modalità di gestione delle infrastrutture che generano servizi. La città viene resa viva dal servizio che è offerto dall’infrastruttura che a sua volta è controllata dal Comune.

Parliamo ora dell’Urban check-up model, cos’è e come sarà strutturato?
L’Urban check-up model vuole offrirsi come strumento operativo per la gestione del territorio, per la pianificazione dello sviluppo e la progettazione degli interventi sullo stesso.
Uno strumento, dunque, che permetta all’amministrazione di avere una fotografia dinamica del Comune in quel preciso momento in termini di infrastrutture, criticità, peculiarità, punti di forza/debolezza e possibilità.
Sarà un tool strutturato come una sorta di matrice suddivisa in blocchi e ognuno di questi corrisponderà a un determinato settore che rappresenta la vita amministrativa di un’area.
Il primo blocco rappresenterà una sorta di carta d’identità del Comune dove verranno caricate e schematizzate una serie di informazioni che lo riguardano, come per esempio i dati relativi alla popolazione, il reddito pro capite o l’ampiezza del territorio. Raggrupperà quindi una serie di statistiche che consentiranno di produrre degli indicatori (ad esempio sul livello sismico di un territorio).
Gli altri blocchi riguarderanno invece aspetti e settori specifici come quelli culturali e turistici o legati allo sviluppo economico, quello industriale, sociale o agricolo. In ognuna di queste sezioni verranno caricati i dati e l’amministrazione potrà quindi accedere a una rapida visualizzazione di quelle che sono le criticità o gli interventi prioritari che devono essere realizzati. Sarà quindi possibile avere un quadro completo dello stato del Comune.
L’Urban check-up model punta quindi a diventare uno strumento di programmazione e gestione del territorio. Proprio per questo è importante che le amministrazioni partecipino ai tavoli di sviluppo di quest’ultimo, in quanto loro sanno meglio di chiunque altro come è strutturato e suddiviso un Comune.
Per poter rendere un territorio smart non si può prescindere dalla conoscenza di quest’ultimo e uno strumento come questo facilita proprio questo aspetto. L’obiettivo dell’Urban check-up model è proprio quello di diventare un mezzo operativo di supporto ai processi decisionali e gestionali della pubblica amministrazione. Dovrà essere in grado di fornire una sintesi di quelle che sono le necessità e lo status di partenza del territorio.

Come siete arrivati a questa consapevolezza? Si è trattato di un’esigenza manifestata dagli amministratori che riconoscono di non avere un quadro completo del territorio che governano?
Punto di partenza è stata la presa di coscienza del fatto che spesso gli amministratori non conoscono a fondo il territorio su cui governano e non sono quindi in grado di progettare interventi mirati. Inoltre l’amministratore avendo spesso a disposizione pochissimo tempo, e talvolta anche poche competenze, rischia di intervenire in maniera poco produttiva.
Nonostante ciò la necessità di uno strumento che “faccia ordine” non è stata manifestata dai sindaci o dalle amministrazioni cittadine, ma è da tenere conto che l’apparato comunale è estremamente complesso; non dimentichiamoci che un qualsiasi intervento, anche il più banale, richiede un iter burocratico estremamente lungo e complesso, quindi per un amministratore diventa difficile non solo l’acquisizione delle necessarie conoscenze ma anche la relativa messa in pratica di qualunque azione. L’Urban check-up model vuole dunque rappresentare uno strumento di supporto all’amministrazione per facilitare e snellire le scelte.

Quali sono i soggetti che ne beneficeranno maggiormente?
I soggetti che trarranno maggiori vantaggi saranno ovviamente gli amministratori come spiegato poco fa, ma non solo, sarà un passo avanti anche per i cittadini in quanto avranno a disposizione servizi più mirati rispetto alle loro esigenze.

Da chi verrà gestito all’interno dell’amministrazione comunale?
La gestione del check-up model andrà verificata sul campo. Per prima cosa occorrerà valutare l’impatto che questo strumento avrà sulle amministrazioni, in quanto andrà a modificare del tutto l’approccio gestionale delle stesse.
Lo strumento promuove in realtà un intero percorso formativo che permetterà agli amministratori di avere chiaro il quadro di tutte le aree comunali. Teoricamente dovrebbe quindi essere uno strumento gestito interamente dal Comune che richiederà informazioni, molte delle quali deriveranno dalle utility che gestiscono i numerosi servizi e le infrastrutture; altri dati invece verranno acquisiti col tempo dallo stesso Comune.
In una prima fase si potrebbe anche pensare che questo mezzo sia gestito dalle utility come servizio aggiuntivo di una società terza, potrà quindi essere dato in outsourcing se pur rimane auspicabile che diventi uno strumento gestito interamente e direttamente dal Comune.

Avrà un costo per il Comune?
Ovviamente se il Comune gestirà l’Urban check-up model in autonomia non avrà alcun costo, infatti nel momento in cui l’amministrazione acquisirà il tool dovrà solo occuparsi di reperire informazioni. Nel caso in cui invece dovesse essere gestito da un’utility quest’ultima potrebbe richiedere un costo minimo di gestione annuale.